Una necessità che si traduce in occasione. L’intervento di monitoraggio e restauro delle Due Torri, tra il 2008 e il 2010, grazie al sostegno e soprattutto alla visione di Fondazione del Monte si è tradotto in un più complesso progetto di valorizzazione del simbolo di Bologna.
Durante il restauro, infatti, un fondo importante è stato destinato alla realizzazione di iniziative culturali incentrate sul patrimonio e la memoria storica della città turrita, in un’ottica di accrescimento dell’attenzione e dell’interesse verso Bologna e la propria particolarità. La Bologna verticale, appunto, così connotante e insieme così isolata dall’andirivieni quotidiano dei bolognesi, così nascosta alla vista del turista, immobile e statuaria nei secoli quanto capace di concedere molto, ancor’oggi, all’immaginazione e all’arte. Le Torri, infatti, restano una delle architetture più avvolte di fascino e mistero; gli stessi studiosi faticano ad indicare univocamente quando, da chi e perché si sia iniziato a costruirle. Esistono teorie accreditate, ma che non riescono a smorzare del tutto leggende e visioni fantastiche legate alla “selva turrita”. E così, per quanto controversa la quantificazione storiografica del numero di torri che nel tempo hanno dominato Bologna, è certa la suggestione che l’arcaico skyline apre su variegati orizzonti interpretativi.
Il programma Bologna La Selva Turrita è cominciato così: dalle suggestioni, per poi proporsi un obiettivo ambizioso, come quello di allargare la riflessione e il taglio d’occhio su una città non ovvia, attraverso la riscoperta di un patrimonio culturale e monumentale fino a quel momento indagato al massimo come landmark di marketing o per esigenze di conservazione, ma mai nella sua complessità storica o attraverso linguaggi innovativi. All’ombra della classica cartolina della Garisenda pendente al fianco dell’Asinelli che svetta, invece, si cela un’orgogliosa antenata della metropoli contemporanea, con un intreccio di temi, epoche storiche, culture e costumi, di cui i muri delle torri non sono che la dimensione più visibile.
Il punto di partenza di questa riflessione giocosa e provocatoria, ma contenutisticamente densa e intenzionalmente dialogica, non potevano dunque che essere la storia e l’architettura, e il loro rapportarsi all’oggi attraverso la lettura critica dell’azione culturale.
La peculiarità dell’intervento artistico contemporaneo consiste proprio nel serrato intreccio tra opera, pubblico e luogo, inteso come spazio fisico non passivo e indifferente all’azione in sé, ma interagente con essa. L’arte, così ampiamente intesa, attraverso le sue pratiche ibride e la sua tensione ad abitare lo spazio, sa protendersi verso il cittadino ed imporsi bonariamente ad esso nei luoghi del suo vivere quotidiano, grazie a un gioco sottile di rimandi paralleli ai contenuti fisici e simbolici da cui prende vita e a cui – per converso – ridà vita. Le diverse iniziative del programma di Bologna La Selva Turrita si sono sviluppate all’interno di questa visione prospettica, con risultati sorprendenti a livello di progettazione, realizzazione e di risposta del pubblico; con effetti inevitabilmente grandiosi, talvolta spiazzanti. Ma ancor prima del giudizio del singolo cittadino, ha riportato parecchi bolognesi ad alzare lo sguardo. A ricordarsi che le Torri in città sono state e sono tutt’ora molto più di due. A ritrovare tracce dell’oggi nel proprio passato, riscoprendo una città medievale blasonata, dal carattere fiero, indipendente, ma anche scaltra, bellicosa, sanguinaria. In generale, a scoprire che dentro questi edifici, dal medioevo in avanti rapidamente orpelli malformi per le stesse famiglie proprietarie e per questo spesso sacrificate al progresso, sono nascoste tante storie, che non si sciupano se rilette con occhi nuovi e soprattutto attraverso nuove tecnologie e approcci, fermamente non invasivi.